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La Storia


Tutto ebbe inizio in una calda e afosa giornata di luglio, quando io e la mia famiglia durante una gita fuori porta, cercammo riparo dal sole sotto le possenti fronde di alcuni alberi di Gelso che circondavano una vecchia corte di Altedo. Ed ecco che mio padre, alzandosi in piedi e indicando con l’indice uno dei gelsi, incominciò a narrare le incantevoli leggende della principessa cinese, dei suoi bachi da seta e della locandiera, inconsapevole che questi racconti avrebbero cambiato drasticamente le vite di tutti i membri della sua famiglia.

Mio padre, amante di storia e abilissimo narratore, iniziò a raccontare che la scoperta della seta si deve, secondo un’antica leggenda, all’imperatrice cinese quattordicenne Xi-Ling-Shi. L’imperatrice mentre stava passeggiando notò un bruco. Lo sfiorò con un dito e, meraviglia delle meraviglie, dal bruco miracolosamente spuntò un filo di seta. Man mano che il filo fuoriusciva dal baco, l’imperatrice lo avvolgeva attorno al dito, ricavandone una piacevole sensazione di calore. Alla fine, vide un piccolo bozzolo, e comprese improvvisamente il legame fra il baco ed il filo di seta. Insegnò quanto aveva scoperto al suo popolo e per più di trenta secoli, dal XXVII secolo A.C. fino al 300 D.C. la raccolta e la tessitura di questa fibra naturale si svolse in conformità ad una pratica segreta nota solo alla sua popolazione. Si narra che attorno al 550 D.C. l’imperatore romano Giustiniano inviò in Cina due monaci, i quali, a rischio della propria vita, rubarono dei semi di gelso e uova di bachi da seta che portarono a Costantinopoli, nascondendoli nel cavo delle canne dei loro bastoni di viandanti.

A quel punto mi venne spontaneo chiedere perché mai i monaci avessero rubato anche dei semi di Gelso. Cosa mai se ne potevano fare??!!

Mio padre mi sorrise, poi mi disse che avrei dovuto attendere il termine del racconto per comprendere.

Il Gelso Bianco era originario della Cina e fù introdotto in Europa per l’allevamento del baco da seta, in quanto il bruco si alimentava esclusivamente delle sue verdi foglie. Il Gelso divenne quindi una sorta di bene primario essendo utilizzato in ogni sua parte, non solo per le foglie, ma anche per i suoi frutti ed il suo legno.

“Chi abitava in quella casa papà?” Chiese mio fratello Luca, volgendo lo sguardo verso l’antca dimora diroccata.

Mio padre ci disse che quella casa, ormai abbandonata da circa 150 anni, era un tempo la dimora di una ricca famiglia contadina. La corte all’epoca era piena d’ogni tipo d’animale da cortile, galline, oche, conigli e addirittura alcune mucche e maiali.

Si narra che la bontà e generosità della padrona di casa fece sì che quel luogo diventasse punto di ristoro per i commercianti e viandanti che passavano di là, in cerca di un tozzo di pane e un caldo giaciglio su cui riposare, prima di continuare il loro viaggio verso la città.

La padrona quindi divenne ben presto la locandiera dei gelsi.

A mio fratello s’illuminarono gli occhi e con grandissimo entusiasmo incominciò a fantasticare a voce alta di come sarebbe stato bello riportare quella vecchia corte agli antichi splendori, e di come gli sarebbe piaciuto aprire proprio lì una locanda. Con sempre più enfasi si girò verso mio padre e gli disse che avrebbe potuto finalmente avere un suo orto e allevare i suoi polli. Si girò poi verso mia madre e le disse che finalmente avrebbe potuto avere tutti i fiori che aveva sempre desiderato e soprattutto avere per sempre i suoi figli vicino a lei.

È così che io e la mia famiglia abbiamo riportato alla luce la “Corte dei Gelsi”, trasformandola in nostra dimora, in accogliente locanda e in un raffinato ristorante, dove tutti voi potrete ancora assaporare l’antica ospitalità della locandiera dei Gelsi.

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